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Il tema dei procedimenti diretti ad appurare che l'indagine sia portata avanti dal giusto ufficio è caratterizzato da due lacune: una sta nelle norme, l'altra nei pensieri, ma risalgono entrambe all'illusione accusatoria che ha segnato la fine degli anni Ottanta. La convinzione che il cuore del processo penale sarebbe stato il dibattimento ha ingannato: per tale ragione, nell'impianto normativo entrato in vigore nel 1989, la competenza del pubblico ministero è sottoposta a controlli debolissimi. Sfruttando questo varco, molte procure hanno a poco a poco debordato, tanto da convincere il legislatore a tornare sui suoi passi. Dal canto suo, la dottrina sembra ferma a vent'anni fa: la competenza viene studiata con riguardo al processo; le indagini sono un'appendice negletta, alla quale si dedica un fugace cenno di raccordo, modellato sulle conclusioni raggiunte per le fasi successive: un modo di ragionare che porta a fraintendimenti gravi. Questo libro da una parte tenta di proporre soluzioni interpretative inedite, talvolta dichiaratamente provvisorie e sperimentali ma comunque autonome, cioè sganciate da quelle tradizionalmente raggiunte per la fase del processo. Dall'altra offre qualche indicazione per una riforma che porti a compimento questa lunga transizione ed introduca un procedimento di controllo nuovo e veramente affidabile.